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di Giambattista Maiorano
Mi è stato chiesto con molta cortesia di incontrare, nella mia funzione di Sindaco, sei, massimo sette genitori della materna “don Stefano Bianchi”. Non c’era alcuna ragione per un no. Nulla avrebbe potuto ostacolare una visita preannunciata come uno scambio di opinioni magari vivace, ma pur sempre rispettoso. Appuntamento quindi alle 17,00 di giovedì 15/11 nel mio ufficio.
Il diavolo, si sa, fa le pentole e non i coperchi. Una galeotta missiva in posta elettronica viene recapitata ad un gran numero di genitori invitati ad accorrere al palazzo, quasi fossimo alla presa della Bastiglia, per far sentire forte la propria voce e comunicare delusione e dissenso sulla posizione assunta dall’Amministrazione sul tema. Non c’è scritto, ma il messaggio subliminale lo si intuisce chiaramente: caro Sindaco, così non va, o tutto torna come prima del commissario o altrimenti ci sarà casino, casino in piazza, casini nell’aula consiliare. Insomma, sei avvertito.
Puntuali alle 17.00 in attesa dietro la porta. Uno, tre, cinque, sette, basta? Macchè! 20, 21, 22, alè, viva l’eleganza e la parola data e per due volte confermata telefonicamente! Non una folla, certo, ma non mi sarei sottratto a una richiesta di assemblea. Sarebbe bastato essere seri: avrei esposto quanto già comunicato per iscritto ai membri del consiglio di amministrazione della scuola, unici accreditati interlocutori in questa partita. Non li ho mandati indietro, come pur avrei potuto fare. Ho aperto invece l’aula della giunta e fatti accomodare. Nonostante l’annuncio della missiva, nessun altro membro della Giunta era presente. Dalla comunicazione sembrava infatti che ci sarebbe stata l’intera giunta. Non ha capito l’audace autrice che non basta neppure una novella GioVanna d’Arco, davanti alla quale genuflettere a ordinare: la Giunta la convoca il Sindaco e, salvo assenza o malattia, il vice Sindaco.
Ho ascoltato le ragioni postemi all’attenzione. Ho cercato di illustrare e motivare la proposta dell’Amministrazione chiarendo che tornare a prima del commissario, non era e non è possibile non per il gusto di fare dispetti quanto invece per scenari e condizioni profondamente mutati. I toni a tratti sono stati molto tesi.
Rimproverato più volte di mancanza di linearità e parecchia incoerenza mi permetto di ricordare e ribadire che ruolo storico e funzione pubblica della materna “don Stefano Bianchi” non è in discussione. È stato ampiamente riconosciuto anche da quelle forze della mia coalizione meno propense se non contrarie a rilasciare simili attestati. Lo è per ciò che la scuola ha rappresentato e rappresenta, per il ruolo sussidiario esercitato, per il suo rapporto positivo con il territorio, per l’interazione con le materne statali. Lo è perché un certo ministro dell’Istruzione, Luigi Berliguer, nell’anno 2000 con la sua riforma, lucidamente coniò la definizione di sistema pubblico inserendo, oltre alle statali, le scuole paritarie solitamente frutto di iniziative del privato sociale, ferma restando la classificazione della non obbligatorietà delle materne e l’incapacità di finanziarle.
La crescita urbana di Buccinasco è stata man mano accompagnata dalla realizzazione di ulteriori tre plessi scolastici, inizialmente a carico del Comune poi passati nella competenza dello Stato, tranne che per i costi generali di funzionamento. La presenza di ben quattro plessi ha consentito sempre di soddisfare l’intera domanda e di accogliere anche bambini provenienti da fuori.
Il paese diventava città, le nascite si moltiplicavano, le risorse, per effetto degli oneri di urbanizzazione non erano per nulla scarse. Tutto era possibile all’interno di un contesto di crescita: dal rilascio alla “materna parrocchiale” oggi “Stefano Bianchi” di una convenzione, unica nel suo genere se non in Italia certamente in Lombardia, più che generosa e per di più senza scadenza, al contributo determinante dell’Amministrazione per la realizzazione dell’ampliamento della stessa scuola. Tutte le Amministrazioni che si sono succedute hanno riservato un occhio di riguardo per un ciclo scolastico che, seppure non obbligatorio, considerato nelle condizioni date “indispensabile”.
Con lo sconquasso del debito pubblico, con i tagli e i mancati trasferimenti di risorse dello Stato, con la battaglia sul patto di stabilità, con risorse sempre più decurtate, c’è ora da chiedersi: è ancora possibile lasciare come se nulla fosse e come la politica può e deve rispondere?
E inoltre, cosa dire a chi fa rilevare legittimamente che le tasse le paga fino in fondo e che si aspetta il corrispettivo in servizi chiunque li fornisca?
Il periodo di commissariamento, per sua natura imperiale, ha posto il problema mettendolo sul tavolo: da un lato l’inaccettabilità di una convenzione sostanzialmente eterna, dall’altra l’onerosità del contributo passato dall’Amministrazione Comunale per di più obbligata a conguagliare alla paritaria i ridotti o i mancati contributi elargiti da Stato e Regione.
È noto a tutti il percorso delle ipotesi formulate non senza, a mio avviso, un certo pregiudizio ideologico del commissario. La prima, con la drastica riduzione a 200.000 euro di contributo, avrebbe fatto morire un’esperienza e chiudere immediatamente la scuola. La seconda, poi siglata come intesa transitoria per un anno dalla cooperativa che gestisce la materna, ha ridotto l’importo corrisposto per l’anno 2011/12 da 552.000 a 470.960 euro. L’esito, per nulla scontato, è da ascriversi alla lotta dei genitori. Una parte di merito, per onestà intellettuale, va riconosciuta anche alla pressione esercitata da tutte le forze politiche che non si sono riconosciute nelle scelte della dr.ssa Iacontini.
Per parte mia e del centro sinistra è stato richiamata la necessità di corresponsabilizzare le famiglie nella copertura della differenza d’importo con l’introduzione di meccanismi riferiti alla capacità reddituale delle famiglie. Qualcuno ha subito parlato di penalizzazione, di eliminazione del principio di sussidiarietà, di abbandono dell’altro principio della libertà di scelta educativa frettolosamente dimenticando che l’unico strumento nelle mani dell’Amministrazione è quello di stabilire, sulla base dell’ISEE, le quote di partecipazione delle famiglie alla mensa.
Molto è cambiato e fingere, oltre che improprio, sarebbe imperdonabile.
Per fermarci al solo anno scolastico precedente 2010/11 sul bilancio del Comune il peso pro-capite sostenuto per bambino ha gravato per € 1.682,00 per la materna “don Stefano Bianchi” e di 680,00 per i frequentanti le materne statali. La differenza non è di poco conto. Invocare il proprio dovere fiscale di tartassati fino all’ultimo centesimo è comprensibile e sotto il profilo del principio condivisibile. Bisogna però tener conto di un elemento fondamentale: la differenza tra il principio di fiscalità generale e quello di fiscalità comunale. A parte gli evasori, tutti paghiamo le tasse allo Stato che dovrebbe tramutarli in servizi ai territori. Per quanto attiene le materne, sarà per il loro non essere obbligatorie, questo Stato riesce a soddisfare solo il 40% dell’utenza potenziale così che la copertura della paritaria “don Stefano Bianchi” è in parte massiccia a carico del Comune. Come dire, per i contribuenti di Buccinasco cornuti e mazziati. Se un difetto c’è, non può che essere individuato nell’ordinamento nazionale. Non c’è da giustificare niente e nessuno. Ma ci si chiede qualche volta come mai, nonostante l’avvicendarsi di legislatori alcuni anche molto legati al movimento che ispira gli amministratori della paritaria in questione, non ci si è mai arrivati?
Fin quando la coperta copriva tutto, nulla ostava alla grande generosità. Ma ora che la coperta è corta, per certi versi anche molto corta, ci si può permettere un pagamento a pie’ di lista? Come spiegare ai nostri cittadini che si usa la fiscalità comunale gravando su tutti a prescindere dall’uso del bene servizio.
Sento dire che tutto rientra nella capacità delle scelte politiche del Comune. Verissimo. Ma quando il barile è raschiato fino in fondo con il rischio reale di ridurre quantità e qualità dei servizi sociali erogati alla generalità dei cittadini, la scelta di un’Amministrazione non può che essere quella di muoversi con equità. E l’equità è anche quella di richiamare le famiglie degli utenti ad una corretta condivisione e partecipazione ai costi nella gestione della paritaria come succede in tutta Italia. Buccinasco non batte moneta propria e non è ancora divenuta repubblica autonoma.
Scritto
il 29 novembre 2012